La magia è un dono che ci è stato concesso.
Tuttavia, sarebbe saggio non abusarne.
Prof.Alfred Gelps
Il
direttore Harlow interruppe un momento di scorrere uno dei tanti rapporti che
intasavano la memoria del suo computer, strofinandosi gli occhi stanchi e
cercando nel contempo a tentoni la sua pipa di legno che sapeva essere da
qualche parte sopra la scrivania.
Erano quelli i momenti in cui rimpiangeva di
aver accettato il trasferimento ad un lavoro di ufficio per gli ultimi anni di
servizio nella MAB.
Tutto
il giorno chiuso in un ufficio a leggere e compilare scartoffie non faceva per
lui, non dopo venti e passa anni spesi a pattugliare rotte commerciali
inseguendo pirati e contrabbandieri, e anche se da giovane aveva coltivato il
sogno di far parte della Tactical Sorcerer Division non era certo quello ciò
che aveva sempre immaginato.
Il comando del TSD non era certo una mansione
da prendere alla leggera, ma dopo tanti anni spesi tra le stelle sentiva di non
avere più la stoffa per guidare nella maniera più consona le squadre speciali
dell’agenzia, dove le parole d’ordine erano prontezza, esperienza ed
efficienza.
Esperienza ed efficienza non gli facevano
difetto, ma la prontezza non era esattamente il suo forte, o almeno non quel
genere di prontezza che ci si aspettava lì dentro.
E quello che era peggio, negli ultimi mesi si
era reso conto di essere rimasto indietro di trent’anni per quanto riguardava
l’insegnamento e l’applicazione delle dottrine magiche, con giovani e
promettenti stregoni che spuntavano come funghi. Ai suoi tempi tutti coloro,
militari e civili, che si presentavano agli esami per l’ammissione nel TSD avevano
un decennio o più di studio forsennato sulle spalle, e impiegavano una vita ad
ottenere anche solo di essere ammessi alla prova pratica, ora invece era
difficile trovarne uno che avesse più di venticinque anni.
Gillian non sapeva se questa potesse essere
considerata o meno una cosa buona; era vero che la nuova generazione stava
dimostrando una capacità di apprendimento della magia che quelli della sua età
potevano solo sognarsi, ma mettere troppe responsabilità sulle spalle di
ragazzi a momenti neanche ventenni gli sembrava troppo, soprattutto in un
momento come quello.
Quello di una eccessiva diffusione della magia
in strati sociali sempre più diffusi era un problema di cui si dibatteva molto
negli ultimi tempi, e la recente escalation di incidenti legati ai suo utilizzo
era il cavallo di battaglia preferito di chi chiedeva una maggiore
regolamentazione legata al suo utilizzo; ormai era troppo facile apprendere e
sfruttare la magia pur non possedendo la necessaria esperienza per farlo, e la
magia non era certo qualcosa con cui si potesse giocare.
Anche l’ammiraglio in una certa misura la
pensava così, però allo stesso tempo non gli sembrava giusto tarpare le ali a
giovani promettenti e volenterosi. Del resto, non che potesse farci qualcosa.
Di colpo gli venne voglia di vederli. Di
vedere coi suoi occhi la futura generazione di stregoni militari che avrebbero
costituito la punta di diamante della MAB del futuro.
Raccolta la sua pipa e spento il computer
lasciò l’ufficio, percorse il breve corridoio del trentesimo piano e si infilò
nel più vicino ascensore, dirigendosi verso il cortile interno dove erano in
corso gli allenamenti mattutini delle nuove reclute.
I membri del TSD erano una via di mezzo tra
una squadra sportiva e una affiatata unità speciale dell’esercito; vivevano in
comunità, nei convitti a loro riservati in un’altra ala dell’edificio, salvo
occasionali periodi di congedo che potevano andare dai due ai sei mesi. Questo
creava maggiore affiatamento e senso di appartenenza, entrambe cose indispensabili
in un gruppo scelto dove la fiducia reciproca poteva essere spesso qualcosa di
vitale.
Non erano tutti soldati, o quantomeno non
provenivano tutti da altre divisioni o altri uffici della MAB; anche i civili
potevano accedere nel TSD, e in quel caso diventavano personale militare a
tutti gli effetti, pur con diverse qualifiche e privi di un grado che non fosse
quello di membri della squadra.
L’addestramento di un TSD variava a seconda
del campo a cui si veniva assegnati, ma lo studio delle arti marziali e della
stregoneria era ovviamente basilare.
Malgrado l’età non troppo avanzata, trentadue
anni appena compiuti, il capitano istruttore Julian Vyce era uno degli elementi
più brillanti che il TSD, per non dire la stessa MAB, avessero mai avuto.
Aveva fatto parte delle forze di sicurezza per
molto tempo, almeno fino al giorno in cui, nessuno sapeva bene perché, aveva
deciso di ritirarsi dalle prime linee; la sua esperienza nella stregoneria era
notevole, e uno degli ultimi provvedimenti assunti dal precedente direttore
della squadra era stato proprio di nominarlo istruttore delle nuove reclute
TSD.
Tutte le mattine, dalle nove alle undici, le
reclude si addestravano al combattimento e all’esercizio fisico. Quando il
direttore raggiunse il cortile i suoi ragazzi stavano rientrando dai trenta
minuti di corsa nel parco antistante la sede della squadra, piegati dal caldo
di inizio estate ma composti e in riga come si conveniva ad una futura elite di
stregoni militari.
Erano quasi tutti ragazzi, con sole quattro o
cinque ragazze, e quasi tutti avevano un’età compresa tra i quindici e i
ventitre anni. Alcuni maschi si erano rasati, obbedendo ad una vecchia
tradizione che voleva le reclute immediatamente distinguibili, le ragazze
invece o portavano i capelli corti o li tenevano annodati in una coda di
cavallo, come etica militare comandava.
Come al solito, alla testa della colonna,
stava il capitano Vyce, con quella sua chioma nero fumo un po’ scompigliata,
imperlata di sudore, quei lineamenti duri e gentili al tempo stesso e quel viso
rude, ben proporzionato, ingentilito da occhi marroni penetranti e vigorosi.
Julian si accorse della presenza
dell’ammiraglio quando aveva già comandato l’alt, e prima che i suoi uomini
avessero il tempo di rompere i ranghi per riprendere fiato.
«Saluto!» comandò, e tutti, qualcuno sbuffando
vistosamente, si misero sull’attenti
«Riposo, riposo.» minimizzò Harlow con un
cenno della mano «Tu li fai lavorare troppo questi poveri ragazzi, capitano.»
«È indispensabile, signore».
Caratterialmente l’ammiraglio e il capitano
erano quasi agli antipodi, bendisposto e permissivo il primo, stacanovista e
poco incline al compromesso il secondo, ma erano accomunati entrambi dalla
volontà di usare con le reclute, e in particolar modo coi nuovi arrivati,
fermezza, buon senso e tolleranza.
Di primedonne presuntuose e fanatici arrivisti
ce n’erano già troppi in giro, anche nella MAB, e il TSD certo non ne aveva
bisogno.
Su consiglio dell’ammiraglio, il capitano
ordinò di rompere le righe, concedendo una volta tanto alle sue reclute qualche
minuto di riposo.
«Posso fare qualcosa per lei, ammiraglio?»
chiese quindi il giovane ufficiale
«Niente di che. Ero solo venuto a dare
un’occhiata.» quindi l’ammiraglio gettò uno sguardo sulle reclute, raccolte
tutte in un angolo a litigarsi la precedenza al distributore automatico «Sono
molto giovani.»
«Purtroppo, è così che funziona. Ormai
l’agenzia li recluta quando sono ancora alle superiori».
Gillian non riuscì a non provare, se non
tristezza, quantomeno una certa apprensione al pensiero che ragazzi così
giovani potessero trovarsi coinvolti in questioni che rischiavano di essere
troppo grandi per loro.
Per anni l’umanità si era adagiata troppo
sulla convinzione che la m-technology fosse una scienza senza difetti, e ora
stava iniziando a pagarne scotto.
Come qualunque altra scienza, anche la magia
era pericolosa, e spesso era compito del TSD porre rimedio ai vari incidenti
che potevano verificarsi in questi casi.
Non per niente, la MAB esisteva proprio per
garantire e regolamentare il corretto utilizzo della magia; o almeno, questo
era il proposito con cui era stata istituita.
«D’accordo, capitano.» disse tornando alle
pratiche che aveva lasciato «Continui pure.»
«Sissignore.» rispose Vyce richiamando
all’ordine le reclute «Avanti voi! Rimettetevi in riga!».
Carmy
O’Neill rientrò nel suo piccolo appartamento anche più tardi del solito,
distrutta come non ricordava di essere mai stata.
Lavorare all’archivio della procura
distrettuale della MAB di Kyrador era davvero una tortura, e poco importava che
avesse accettato volutamente quell’incarico dopo aver fallito l’esame d’ammissione
alla Sorcerer Division.
La sorte non era stata particolarmente benigna
nei suoi confronti.
Come tanti altri giovani della sua età, era
arrivata dalla campagna nella grande città per inseguire il sogno che aveva
coltivato fin dall’infanzia, forte di una esperienza e di una conoscenza della
magia che riteneva non le facessero difetto.
E invece era finita fuori lista, con una
sufficienza risicata, e in base ai regolamenti ora avrebbe dovuto aspettare due
anni prima di poter tentare nuovamente l’esame d’ammissione.
Di tornare a casa, dopo quella enorme
delusione, non se l’era sentita, non dopo che per compiere quel passo era
arrivata a sfidare la volontà dei genitori, così aveva chiesto aiuto a quella
che sarebbe diventata la sua migliore amica, Julienne, che le aveva concesso
metà del suo appartamento. In questo modo aveva potuto restare in città, ma
certo non si aspettava che l’ufficio logistico le avrebbe assegnato un impiego
così poco gratificante.
In buona sostanza, il lavoro di Carmy
consisteva nel fare da segretaria al procuratore Griffith, che per quanto fosse
una persona gentile, ben disposta e con una forte personalità era peggio di un
sergente istruttore, mai propenso a prendersi una pausa né tanto meno a
concederla ai suoi collaboratori.
Non esattamente ciò che aveva in mente quando
sognava il suo futuro nella MAB, e come se non bastasse il lavoro che le era
stato assegnato, oltre a fornirle ben poche nozioni per ampliare la sua
esperienza e accrescere il suo livello di preparazione in vista del prossimo
esame, la teneva occupata a tal punto da lasciarle pochissimo tempo per
studiare ed esercitarsi.
Purtroppo, era così che funzionava nella MAB.
A meno di non essere uscito da una scuola
ufficiali, o aver avuto una grossa raccomandazione, era necessario partire dal
basso, e solo in seguito si poteva sperare in qualche avanzamento di carriera.
Carmy, barcollando per la stanchezza, andò in
cucina; Julienne aveva il turno di notte alla centrale operativa, ma le aveva
lasciato del minestrone e dell’insalata. La ragazza, però, voleva solo andare a
letto, così si infilò direttamente sotto la doccia e quindi, con ancora indosso
l’accappatoio, si chiuse in camera.
Stava quasi per prendere sonno, quando, con
l’ultimo scampolo di raziocinio, le venne in mente di agitare un dito
nell’aria, aprendo la sua casella di posta virtuale.
C’erano i soliti messaggi degli amici di
Mablith e un po’ di pubblicità, niente di davvero importante.
«Judith diventa sempre più brava.» disse
divertita riferendosi alla sorella minore, che le aveva spedito le foto della
sua recita scolastica.
Giusto per un eccesso di zelo la ragazza aprì
anche la sua casella privata dell’agenzia, trovandovi però, con una certa
sorpresa, un messaggio dell’ufficio logistico.
«Che sarà successo?» si domandò aprendolo.
Probabilmente si trattava dell’ennesima
comunicazione per della documentazione non consegnata, o qualche sollecito.
C’erano solo poche righe. Le lesse.
Al Soldato Semplice Carmy O’Neill
Le comunichiamo il suo trasferimento alla polizia militare a
partire dal prossimo mese.
È pregata di presentarsi quanto prima per ulteriori informazioni e
le specifiche del nuovo incarico.
Ufficio Logistico
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