Capitolo 2


"La magia è un dono del cielo all'Umanità.
I tempi in cui ci affidavamo a fonti di energia che distruggevano e avvelenavano il nostro pianeta sono finiti.
Da essa, e dal suo immenso potere, potremo trarne solo enormi benefici."
Tratto dal discorso di Arnold McDonovan, rappresentante britannico alle Nazioni Unite, il giorno dell'approvazione del Progetto Nuovo Mondo, 12 settembre 1984



II

Gli uffici dell’Anticrimine, situati al decimo dei sedici piani del palazzo sede della Polizia Militare, somigliavano alla sala di lettura di una grande biblioteca.
Ogni squadra era assegnata ad un box, una dozzina più o meno, collocati uno accanto all’altro lungo la parete principale; dalla parte opposta vi erano uffici, sale congressi e anche stanze per gli interrogatori, mentre al centro, a forma cilindrica e interamente in vetro, quasi a voler tenere sempre d’occhio tutti i suoi sottoposti, stava l’ufficio personale del Direttore dell’anticrimine, il maggiore Dietrich Owens.
Carmy si sentì un po’ a disagio nel mettere piede in quell’immensa sala. Alla procura generale le era stata assegnata una stanza di pochi metri quadrati, e aveva accompagnato il procuratore in udienza solo in un paio di occasioni; il pensiero di dovere lavorare in un posto così grande, e all’apparenza così complesso, un po’ la spaventava.
«Da questa parte.» le disse Alexia conducendola all’interno del sesto box dall’ingresso.
Qui, Carmy fece la conoscenza di quelli che, almeno per i successivi diciotto mesi, sarebbero stati i suoi colleghi di lavoro.
Il primo, sui trent’anni o poco più, era alto, magrolino ma di bella presenza, capelli neri crespi e riccioluti e occhi scuri, e vestiva in modo elegante e ricercato, quasi come un personaggio politico. Il suo compagno invece era leggermente tarchiato, un po’ più giovane, un viso paffutello che infondeva simpatia; anche lui era ben vestito e portava la cravatta, a differenza del suo collega, e così, a tatto, non diede a Carmy l’impressione di essere uno stregone né un soldato.
«Capitano.» salutò rispettosamente lo smilzo poggiando il suo caffè sulla scrivania
«Lei è Carmy O’Neill. Il nuovo agente.»
«Incantato.» continuò ancora il magro, che alzatosi piegò la schiena in una parvenza di inchino per poi fare una battutina «Li sfornano sempre più giovani. Non che sia un difetto, del resto.»
«Dacci un taglio.» lo rimproverò il collega prima ancora di notare l’imbarazzo di Carmy «Sono l’agente Pierre Lucas, e lui invece è Thomas Cane.
Piacere di conoscerti.»
«Piacere mio.» rispose O’Neill dopo un attimo di smarrimento.
Lucas, come Carmy avrebbe appreso in seguito, era un esperto di informatica e comunicazioni, laureato con lode all’Università Reale di Fhirland, la sua nazione, mentre il maresciallo Cane era un esperto di politica internazionale e aveva lavorato per qualche anno come agente di bordo sulla nave Europa.
Carmy si sentiva tranquilla e in ansia allo stesso tempo, e cercò di capire così, su due piedi, che tipo di persone dovessero essere i suoi nuovi colleghi, anche se una prima idea se l’era già fatta.
«Questa sarà la tua postazione.» le disse Alexia indicandole la scrivania di fronte a quella di Thomas.
Vedendola così, vuota e spoglia, l’agente O’Neill fu presa da un dubbio.
«Che ne è stato di quello che era qui prima di me?».
Alexia sorrise divertita, e anche Thomas e Pierre risero sotto i denti.
«Tranquilla. Morgan è solo andato in pensione.»
«In pensione?»
«Sei mesi fa. E da allora, ho preso il suo posto.»
«Per nostra sfortuna.» mugugnò scherzosamente Thomas tra sé e sé.
Carmy ci mise poco ad abituarsi al suo nuovo posto di lavoro, ma non ebbe neanche il tempo di assimilare del tutto l’idea di far parte di una squadra della Polizia Militare che squillò il telefono sulla scrivania di Alexia.
«In sella.» disse il Capitano chiudendo la comunicazione «Aggressione con tentato omicidio alla periferia ovest della città.»
«La giornata inizia alla grande.» commentò Pierre.
Neanche era arrivata, pensò Carmy con un po’ di ansia, e già era giunto il momento di affrontare la sua prima scena del crimine.

In base alle leggi internazionali, la Polizia Militare della MAB aveva priorità d’intervento in qualsiasi contesto in cui fosse coinvolto personale legato all’agenzia, ma quando necessario poteva esercitare la propria autorità anche in casi legati alla magia o a chi ne faceva uso.
Erano pochi quelli che facevano i salti di gioia nel vedere i militari venire a ficcare il naso nelle proprie indagini, e l’ufficiale di polizia che con i suoi uomini era intervenuto per primo sulla scena del crimine non nascose il proprio risentimento vedendo comparire una stazione operativa mobile al seguito di una delle berline nere dell’agenzia.
«A cosa devo il piacere?» domandò ironico andando incontro ad Alexia
«Avrebbe dovuto aspettartelo, maresciallo Onir.» rispose la ragazza
«Se con altro con te si può ancora cercare di ragionare. I tuoi colleghi di lavoro starebbero già sbraitando per farci andare via.»
«Non ho interesse a scatenare un conflitto tra forze dell’ordine e polizia militari. Di problemi ce ne sono già a sufficienza.
Allora, che succede?».
Il maresciallo sorrise compiaciuto sotto gli spessi baffi marroni, quindi condusse Alexia e i suoi uomini all’interno.
Carmy si sentiva confusa, fuori luogo, e mentre faceva per varcare la soglia di quella piccola e ridente casa di periferia vide due paramedici portare fuori in barella un uomo di mezza età gravemente ferito, caricandolo in tutta fretta sull’ambulanza.
Preso un bel respiro, entrò a sua volta, e già la vista di un tavolino buttato in terra e circondato di sangue fu sufficiente a farle venire un momento di capogiro.
Aveva già visto molte scene del crimine nelle foto degli atti giudiziari che aveva ordinato per il procuratore, ma quella era la prima volta che si vedeva costretta ad affrontarne una.
Nonostante l’abitazione fosse piena di gente, si sentiva come se lì dentro ci fosse stata solo lei, immersa nel silenzio, rotto solo dal vociare evanescente e dai rumori indistinti prodotti da chi invece le stava intorno.
Seduto ad una poltroncina del salotto, con espressione inebetita e occhi persi nel vuoto, c’era un giovane, un soldato senza dubbio a giudicare dai muscoli e dal taglio di capelli; indossava solo un paio di calzoni, aveva le mani e la faccia sporche di sangue, e i due agenti che gli stavano davanti cercavano, senza riuscirci, di richiamarne l’attenzione con cenni della mani e schiocchi di dita.
«Questo è proprio andato.»
«Che cosa è successo?» chiese Alexia mentre Pierre faceva alcuni scatti e Thomas ispezionava la casa
«Ci ha chiamato una vicina. Il vostro agente ha quasi sfondato la testa al padre dopo una litigata. Quando siamo arrivati abbiamo trovato il padre a terra davanti all’ingresso e lui così come lo vedete.
Grazie al cielo gli ha fatto meno male di quanto si potrebbe pensare.»
«Capisco. Avete provato a parlargli?»
«Magari. Non ha aperto bocca per tutto questo tempo. Ho paura che gli si sia fritto il cervello».
La diagnosi era fin troppo chiara.
Esaurimento da stress magico.
Anche lo stregone più dotato ed esperto era  obbligato ad usare la magia con moderazione, poiché abusandone si rischiava di andare incontro ai traumi psicofisici più disparati, a cominciare appunto da violente alterazioni dell’umore fino ad una vera e propria demenza.
Di fronte all’apparente apatia dimostrata dal ragazzo, i due agenti che lo circondavano rinunciarono a cercare di attirarne l’attenzione.
«È inutile.» disse uno «Questo qui è proprio andato. Avanti, portiamolo via».
Il suo compagno gli andò di fronte per sollevarlo a peso dalla sedia, e prima di farlo volle guardarlo un’ultima volta negli occhi, quasi a sperare di vedere una qualche risposta.
Nessuno poteva prevedere quello che sarebbe accaduto.
Il giovane soldato, da un istante all’altro, sollevò la testa; le sue pupille, da opache che erano, si accesero e si dilatarono allo spasimo, e ringhiando come un animale saltò addosso all’agente buttandolo a terra.
Sembrava impazzito, sbavava e graffiava, e probabilmente se non fosse stato per il colletto metallico della sua divisa l’agente si sarebbe visto strappare via la gola a morsi.
«Aiutatemi!» urlò l’uomo tentando disperatamente di togliersi di dosso quella bestia inferocita.
Il suo compagno afferrò il sospetto tentando di allontanarlo, ma quello, reso folle e fortissimo dalla bomba di magia che gli era esplosa dentro, con un solo braccio lo afferrò per il colletto scagliandolo contro il muro della stanza.
Quasi subito arrivarono anche gli altri agenti presenti sul posto, due dei quali riuscirono finalmente a mettere in salvo il loro compagno afferrando l’assalitore per un braccio ciascuno e scaraventandolo lontano.
«Sparategli!» si sentì urlare, e senza porsi domande tutti i poliziotti misero mano alle pistole.
Era chiaro che quello che era cominciato come un semplice esaurimento stava tramutandosi in un vero e proprio caso di EDA; era questo l’acronimo con cui venivano identificate tutte quelle creature, umane e non, generate da incidenti legati all’uso della magia.
Per ora si trattava di una situazione ancora gestibile, ma era solo una questione di tempo prima che la mutazione prodotta dallo scompenso magico in atto nel corpo di quel poveretto diventasse irreversibile.
I poliziotti spararono, se non altro nel tentativo di fermare l’aggressore, ma questi schivò le pallottole saltando e attaccandosi letteralmente al soffitto, per poi scappare via camminando a testa in giù come un ragno senza che lo si potesse fermare.
Carmy se lo vide comparire davanti da un momento all’altro, e trovandola sulla propria via di fuga l’assalitore fulmineo le saltò addosso colpendola violentemente e buttandola a terra. Tutto accadde così rapidamente che il giovane Tenente non si accorse quasi di nulla, e probabilmente sarebbe potuta andare anche peggio per lei se Thomas, che aveva riflessi più affinati dei suoi, non fosse giunto ad aiutarla.
L’agente Cane affrontò senza timore il nemico, afferrandolo saldamente e buttandolo a terra, quindi gli si buttò sopra e lo colpì violentemente al centro del petto, un solo colpo che tuttavia lo mise subito fuori combattimento.
Quello era l’unico modo per avere ragione di un EDA al primo stadio senza essere costretti ad abbatterlo, indurre uno shock magico uguale a quello che aveva causato lo scompenso per annullarli entrambi.
Pur spaventata, Carmy restò anche un momento incredula. Allora Thomas non era il farfallone bellimbusto che si era inizialmente immaginata.
«Pericolo neutralizzato.» disse l’agente Cane constatando che l’aggressore aveva effettivamente perso i sensi.
In quella arrivò tutto trafelato anche Pierre, di ritorno dal primo piano dove era andato a fare un sopralluogo.
«Che è successo?»
«Prenditela comoda un’altra volta.» commentò sarcastico Thomas.
Confermato il cessato allarme, Alexia rinfoderò insieme agli altri la pistola e si avvicinò a Carmy, aiutandola ad alzarsi.
«Stai bene?»
«Abbastanza.» rispose lei massaggiandosi una spalla un po’ dolorante
«Non male come primo giorno di lavoro.» disse ancora l’agente Cane.
L’aggressore fu caricato a sua volta in ambulanza e portato via.
Sembrava tutto finito, ma il maresciallo Onir notò il sacchetto per le prove che Pierre aveva tra le mani, e riconoscendone il contenuto glielo strappò di mano per vederlo più da vicino.
«Non è possibile, ancora?»
«Che succede?» chiese Alexia.
Pierre allora lo mostrò anche a lei.
A prima vista sembrava un comune ago elettronico, ma lo strano liquido iridescente contenuto delle fiale da iniezione era qualcosa di ben diverso da un medicinale.
Il nome scientifico era macomorfina, ma nel gergo comune aveva assunto il nome di Lilith. Un miscuglio di sostanze psicotrope e composti chimici in grado di spingere oltre il limite le capacità magiche di un essere umano, ma dagli effetti collaterali imprevedibili e molto pericolosi.
Ormai erano parecchi mesi che aveva iniziato a diffondersi in diversi strati della popolazione, persino in quelli più impensabili, e c’era chi giurava che vi fosse la Lilith dietro l’escalation di incidenti degli ultimi tempi.
«Portatela al laboratorio per le analisi.» disse mestamente Alexia consegnandola agli uomini della scientifica «Noi torniamo alla centrale per redigere il rapporto».
Nonostante dicesse di sentirsi bene Carmy era visibilmente provata dall’esperienza appena vissuta, come era naturale che fosse. Alla fine, con il dolore alla spalla che diventava sempre più forte, dovette ricorrere alle cure di alcuni paramedici.
«Non è niente.» le disse uno passando una mano sul gonfiore e applicando un incantesimo lenitivo «Solo una piccola contusione. Questo incantesimo dovrebbe bastare, ma per sicurezza le consiglio di applicare una pomata per i prossimi due o tre giorni.»
«Capisco. La ringrazio».
Mentre lei e gli altri risalivano in macchina, Pierre notò la sua espressione e cercò di confortarla.
«Riprendi fiato.» le disse offrendole una lattina di tè freddo «Ci farai l’abitudine.»
«Credevo che le misure antidroga fossero molto efficaci.» disse come una bambina che vede per la prima volta qualcosa che non si aspetta
«Per i canali abituali sì. Ma i fornitori e gli spacciatori trovano sempre nuovi metodi per aggirare i controlli.» disse Thomas
«Quello che mi preoccupa» disse Alexia, seduta accanto a Carmy sul sedile posteriore «È che ora la Lilith sta iniziando a diffondersi anche all’interno dell’agenzia.»
«Sì, la capisco. La MAB non ci fa certo una bella figura.»
«Se non arrestiamo quanto prima questo fenomeno diventerà incontrollabile, e potremmo avere altri incidenti».

Il procuratore generale Griffith, come al solito, uscì dall’ufficio molto più tardi degli altri, tanto che quando finalmente si decise a raggiungere il parcheggio per tornare a casa nella sede della procura militare non c’era quasi più nessuno a parte le guardie notturne e qualche impiegato che faceva gli straordinari.
Una volta tanto, era felice di tornare a casa.
Il lavoro nell’ultima settimana era stato davvero pesante, e non vedeva l’ora di andare fuori città per il weekend. Passeggiate in campagna, pesca sul lago e un meritato riposo con moglie e figli.
Vedendolo passare davanti al suo box di sorveglianza, Louis Carlitz, una giovane guardia part-time, gli andò incontro per salutarlo e augurargli la buonanotte.
«Grazie per quei libri che mi ha procurato.» gli disse accompagnandolo alla macchina «Mi saranno sicuramente molto utili.»
«Figurati. E fammi sapere quando discuterai la tua tesi. Così se potrò, cercherò di essere presente.»
«Ne sarei onorato».
Il procuratore era già in procinto di salire sulla sua affascinante sportiva bianco perla quando si accorse, cercandole nelle tasche, di aver dimenticato in ufficio le chiavi di casa.
«Ma dove ho la testa?» mugugnò «Si vede che non ho più Carmy a tenermi d’occhio.»
«Quanto è passato da quando è passata alla polizia militare?»
«Due settimane. Ma a me sembra già un secolo. Ora mi tocca tornare di sopra.»
«Se vuole, posso portare la sua macchina fino all’ingresso. Così al ritorno risparmia la strada».
Griffith sapeva quanto a Louis piacessero le belle macchine, e anche se non aveva mai permesso a nessuno di toccare il suo gioiello volle accontentarlo e gli lasciò le chiavi.
«Quando sarò avvocato.» disse il ragazzo salendo a bordo «Spero di potermi permettere anch’io una macchina così.»
«Non te lo auguro.» rispose divertito il procuratore «Di diventare avvocato, intendo».
Detto questo Griffith tornò verso l’ingresso del parcheggio sotterraneo, mentre Louis volle godersi appieno quel momento saggiando l’atmosfera e l’adrenalina di quel magnifico abitacolo prima di avviare il motore.
«Avanti, bella. Fammi sentire come canti.» e girò la chiave nel quadro.
Al rombo intonato del motore seguì come una specie di brevissimo fischio, e un istante dopo il procuratore, che era quasi arrivato all’ascensore, fu scaraventato a terra da un tremendo spostamento d’aria arrivatogli alle spalle, accompagnato da un fragore a dir poco assordante, reso ancor più violento dall’ambiente chiuso.
In un attimo l’aria si caricò di fumo, luce rossastra e del crepitare delle fiamme, e detriti fumanti presero a cadere in ogni direzione; anche dal tetto piovvero dei calcinacci.
Il procuratore impiegò diversi secondi a riprendere i sensi, e poco dopo giunsero sul posto alcune altre guardie di sicurezza.
«Si faccia forza, signor procuratore.» disse una aiutandolo a rialzarsi.
Griffith era ancora frastornato, ma nonostante ciò riuscì a distinguere benissimo la sua macchia sportiva sventrata dall’interno e avvolta dalle fiamme.
«Louis!».

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